Continuano le mie visite tra i Colli Euganei e non potevo non visitare la cantina Salvan, un simpaticissimo signore che non appena siamo arrivati ci ha raggiunti dai suoi campi in bicicletta. Il Sign. Salvan collabora da diversi anni con l’Università di Padova sulla ripresa e bonifica di vitigni autoctoni dimenticati dopo l’arrivo della fillossera.
Ancora prima di accomodarci attorno al tavolo ci chiede se vogliamo assaggiare del pane con un formaggio svizzero, cerchiamo di resistere ma Giorgio insiste e vicino al caminetto mette a scaldar del pane e il formaggio.
Mi racconti un po’ la storia della sua azienda
‘L’attività iniziò nel 1913 con il mio bisnonno che studiò, e forse fu uno dei primi, a frequentare l’istituto perito agrario per poi prendere in affitto un’area da bonificare.
Sono 30 ettari, 20 di vigneto e devo dire che il Merlot è la varietà che più da il meglio di sé in questa zona. Fino alll’85 vendevamo vino sfuso in zona poi quell’anno c’è stata una gelata che ha dimezzato il vigneto.
Sono stati fatti dieci cloni diversi di Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon e ai tempi c’è stata una gran confusione tra il Cabernet Franc e il Carmenere. Ma secondo me in zona era quasi tutto Carmenere. Anche gli incroci sono stati diversi, e so che in zona esiste anche il Caberlot, misto di Merlot e Cabernet Franc.’
Il terroir
Il terreno di questa zona è argilloso e in profondità si trova anche la trachite.
Che trattamenti fa sulla vite?
‘Io non sono mai stato un chimico, non ho fatto nessuna scuola di tecnici e non sono capace di metter le mani sulla vite con la chimica.’ (il Signor Salvan me l’ha detto in maniera così schietta e sincera che non poteva non conquistare la mia fiducia).
Assaggiamo i prodotti
Iniziamo con il Merlot, un 2008 e un 2011. Il primo è una riserva che fa un anno in barrique e le uve vengono raccolte tardive. Ha dei profumi evoluti, sembra quasi di mangiare delle amarene. Il 2012 invece non fa legno, ha dei sapori più freschi e Giorgio ci consiglia alcuni abbinamenti da metter l’acquolina in bocca.. faraona allo spiedo con polenta fritta, salame.
Gli autoctoni in particolare
Gli autoctoni sono arrivati in diverse zone di Padova e l’università ha incaricato diverse cantine a sperimentare, facendo micro vinificazioni di anno in anno, oppure provando con barrique, facendo sperimentazioni con campioni per vedere le diverse maturazioni.. ci sono diverse specialità di autoctoni,: la Turchetta, la Marzemina bastarda, la Corbina, la Corbinella, la Pataresca, la Gatta, Negrara. Tra questi ne abbiamo assaggiati alcuni, la Marzemina Bastarda del 2009 dai sapori fruttati di ciliegia e del 2011 dove ancora si percepisce la dolcezza da una non completa fermentazione malolattica; la Corbinona del 2009 anche lei da un sapore fruttato, erbaceo, nervosetto in bocca; la Tuurchetta del 2010 che è stata in damigiana fino a 8/9 mesi fa; infine il Friularo che proviene dalla famiglia del Raboso di origine veronese, vinificato in cemento ha uno spiccato sapore di lampone ed assoglia un po’ al Lagrein.
Chiedo come mai queste viti vennero abbandonate
‘Ogni viticoltore all’epoca aveva delle viti che erano funzionali al territorio e al carattere del vignaiolo stesso. In base ai suoi gusti poi uno coltivava la vite che piaceva di più e dopo la fillossera si tendeva anche a piantare viti che attecchivano meglio.’
È stata una mattinata davvero piacevole passata tra i calici di vino, il pane e formaggio caldi vicino al caminetto e i racconti del signor Giorgio.